Giorgio Morlin - La riscossa civile del Referendum. Un “segno dei tempi” anche per la Chiesa italiana?

Quando tutto sembrava irrimediabilmente perduto, sul piano culturale-etico-politico, il 57% degli italiani hanno svelato il nuovo volto di un’Italia civile e pulita, in occasione della consultazione referendaria sull’acqua, sul nucleare e sul legittimo impedimento, effettuata il 12-13 giugno 2011.
È stata una riscossa di massa, imprevista e provvidenziale, dopo quasi un ventennio di progressivo e lento dissolvimento valoriale. Gli elettori italiani dovevano decidere se partecipare alla consultazione, come chiede la Costituzione, oppure “andare al mare”, come era stato loro raccomandato da Berlusconi e da Bossi e dagli imponenti mezzi d’informazione in loro possesso. E invece, contro ogni previsione, 27 milioni di italiani hanno voluto partecipare e, con un plebiscito che ha raccolto il 95% di SI sui quattro quesiti referendari, hanno deciso di voltare pagina e di dire No alla privatizzazione dell’acqua, No alla costruzione di centrali nucleari e No alle leggi fatte per i potenti. La schiacciante vittoria rappresenta un nuovo 25 aprile di liberazione. Liberazione dalle immorali leggi “ad personam” che hanno svergognato l’Italia agli occhi del mondo. È arrivato finalmente il momento di collocare il primo di tanti altri mattoni per rimettere in piedi questo nostro disastrato Paese, depredato per quasi vent’anni da una casta di politici affaristi, assoldata da un venditore d’illusioni, conosciuto dall’opinione pubblica internazionale anche come un anziano miliardario che si diletta con il “bunga bunga”.
E la Chiesa italiana, di fronte a questo travolgente “tsunami politico referendario”, come si è posta? A mio modesto parere c’è stata una variegata chiesa “di base” (singoli preti, parrocchie, associazioni e movimenti cattolici vari, ecc.) che, soprattutto sulla spinta profetica del proclama di dolore e d’allarme lanciato dal missionario p. Alex Zanotelli a proposito dell’acqua come “dono di Dio all’uomo”, ha preso parte attiva all’intera campagna referendaria, mescolandosi con il vastissimo arcipelago civile e laico. C’è stata poi una chiesa, cosiddetta “di vertice”, che, molto blandamente ha sussurrato poche parole di francescana memoria su “sorella acqua”. Niente di più. Salvo poi, a urne chiuse e dopo gli sbalorditivi risultati raggiunti, a riconoscere e a plaudire l’alto senso civico di partecipazione collettiva manifestato dagli italiani (cfr. SIR del 14 giugno 2011).
A questo proposito, è utile richiamare un altro Referendum, quello effettuato nel 2005 sulla Legge 40 (fecondazione assistita). Esattamente 6 anni fa, con gli stessi giorni 12 e 13 giugno 2005! Una coincidenza molto significativa di date rispetto al Referendum 2011. Nel giugno 2005, lo stesso capo della CEI, card. Ruini, ufficialmente incoraggiò i cattolici italiani a disertare le urne. Lo scopo era quello di non raggiungere il “quorum” e, quindi, di svuotare dall’interno la consultazione. Di fronte al paradossale e contraddittorio invito di Ruini, l’onesto e cattolico Romano Prodi, rivendicando pubblicamente la sua responsabilità di battezzato e la sua autonomia di coscienza, in quell’occasione manifestò la sua opinione personale, dicendo: “Io, invece, andrò a votare! E voterò NO!”. Per quella sua presa di posizione di “cristiano adulto”, Prodi fu vergognosamente dileggiato dalla stampa berlusconiana. La triste vicenda referendaria del 2005 ha segnato di ottuso oscurantismo la recente storia di un certo cattolicesimo di casa nostra.
Io credo che, il Referendum di giugno 2011, che sembra aver evidenziato una nuova Italia dopo decenni di degrado etico e di apatia di massa, si presenti alla Chiesa come un evento storico provvidenziale ed eccezionale, da un punto di vista anche ecclesiale oltre che civile: un “segno dei tempi”, quindi, da discernere, da interpretare, da riscoprire, da valorizzare.
La lettura di un prestigioso documento dei vescovi italiani, pubblicato nel 1981 (La chiesa italiana e le prospettive del Paese), ci offre un’analisi culturale ed ecclesiale di altissimo significato: valida per l’Italia e la Chiesa del 1981 e, con la stessa forza profetica, per l’Italia e la Chiesa del 2011. Una profezia che, ben al di là della diplomazia, porti la Chiesa italiana a dire oggi e a voce alta, come faceva don Milani con i ragazzi di Barbiana, “I care”, cioè “Mi sta a cuore!”. Quello che deve stare a cuore, sono certamente i cosiddetti valori non negoziabili per i cattolici (famiglia, bioetica e scuola cattolica!). Dopo il Referendum 2011, circa 27 milioni di italiani, cattolici e non cattolici, hanno affermato con forza la “non negoziabilità” anche di altri valori: la legge è uguale per tutti, la salvaguardia del creato come bene comune, la legalità, l’etica pubblica, la politica come servizio, la solidarietà e l’accoglienza con lo straniero, ecc.